Lampada fotopolimerizzante, come sceglierla

Lampada fotopolimerizzante, come sceglierla

18 Ottobre 2021 0 Di Ilary

La lampada fotopolimerizzante è uno strumento grazie al quale è possibile fotopolimerizzare le resine fotosensibili in uso nel contesto di servizi di restauro, così come nell’ambito di trattamenti di sbiancamento. Com’è noto, una corretta fotopolimerizzazione è garanzia della buona riuscita del trattamento, con particolare riferimento alla sua durata. Cerchiamo dunque di mettere un po’ d’ordine sul tema e di comprendere come scegliere la migliore lampada di fotopolimerizzazione per le nostre esigenze.

Da cosa dipende una buona polimerizzazione?

In generale, non tutte le lampade polimerizzatrici sono uguali tra di loro: come avviene per altri strumenti d’uso comune in odontoiatria, anche in questo caso accanto alle funzionalità standard dalle quali non è possibile prescindere, vi sono anche altre funzionalità, che possono tornarci utili o meno in virtù della casistica clinica specifica di ciascun professionista.

Tra i requisiti che qualunque lampada fotopolimerizzante deve soddisfare per garantire una buona ed adeguata polimerizzazione troviamo:

  1. la potenza in uscita;
  2. qualità, incidenza e distanza della luce,
  3. la gamma di lunghezze d’onda.

Dovremo poi domandarci se la lampada da noi prescelta risponde alle nostre esigenze specifiche, se è perfetta per polimerizzare i compositi che usiamo d’abitudine, quanti e quali programmi include, in quanto tempo si ricarica la batteria, se è dotata di fili o meno, se offre una buona ergonomia (utile specie nel caso di trattamenti di una certa durata), e via dicendo. Per rispondere a questi quesiti non avvaliamoci solamente del passaparola dei colleghi, della rete o delle brochure messe a disposizione dalle aziende produttrici (tuttavia molto utili), ma dialoghiamo con il nostro fornitore di prodotti per dentisti di fiducia. Alla base di un acquisto ben riuscito vi è anche l’affiancamento con chi conosce a menadito i prodotti e vi lavora con serietà e grande competenza da oltre 30 anni.

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Lampada fotopolimerizzante, sì, ma quale?

Anche nel caso della lampada per polimerizzazione, c’è “lampada e lampada”. Riassumendo, le tipologie sono le seguenti:

  • lampade polimerizzatrici a LED;
  • lampade polimerizzatrici a LASER;
  • lampade al plasma ad arco;
  • lampade alogene per l’indurimento.

Le lampade fotopolimerizzanti al plasma ad arco, a laser e le lampade alogene per l’indurimento, pur qui citate per completezza, sono ad oggi fuori mercato per una serie di ragioni legate ai consumi, ai costi, alla durata di vita. Focalizziamoci dunque sulle lampade fotopolimerizzanti a LED. Tra queste ve ne sono di vario genere, sia più costose che più economiche.

Caratteristiche delle lampade polimerizzatrici a LED: cordless, con ventilazione, con radiometro

In generale, le lampade polimerizzatrici a LED sono dotate di una notevole ergonomia, sono leggere e facili da igienizzare. Se ne trovano di alta gamma oppure di gamma media, con conseguenti variazioni di prezzo e di funzionalità. Quelle di alta gamma riescono a polimerizzare in profondità senza provocare alcun danno ai tessuti molli e sono dotate solitamente di un ventilatore integrato, pensato per le casistiche di uso continuo. Ve ne sono altre che invece non necessitano del ventilatore integrato in virtù della tecnologia che sta alla base della tipologia d’emissione del calore. Se si desidera una lampada polimerizzatrice di gamma media ma con buone performance, pensata per un uso piuttosto frequente, il mercato offre diverse proposte. Molto pratiche sono quelle cordless, che tuttavia non dimentichiamo necessitano di essere ricaricate dopo alcuni utilizzi. A proposito di cavi, vi sono lampade integrate al riunito, wireless o dotate di cavi. Anche in questo caso, chiedere un consiglio al proprio rivenditore di forniture odontoiatriche in Puglia è d’obbligo. Infine, un altro aspetto da tenere in considerazione, è la presenza o meno di un radiometro integrato, ovvero uno speciale dispositivo capace di misurare l’energia emessa, consentendo di lavorare in piena sicurezza per sé e per il paziente. Solitamente il radiometro indica anche quando è necessario sostituire la lampada.

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